In queste giornate siamo costantemente raggiunti da messaggi che ci chiedono insistentemente di stare a casa, di fermarci e di modificare le nostre abitudini in vista di un obiettivo comune: fermare il virus. Tuttavia, nonostante la chiarezza, la frequenza e la ragionevolezza fondata scientificamente di questi messaggi che ci persuadono a porre dei limiti alle nostre abitudini, assistiamo comunque a comportamenti del tutto irrazionali, che violano le misure preventive adottate dal governo e che si traducono in condotte rischiose per la salute di tutti.
Perché accade questo? Perché alcuni di noi violano le regole imposte non riuscendo a rinunciare al jogging al parco, mentre altri affollano i supermercati in assenza di una ragione fondata?
I fattori che influiscono sulla messa in atto di tali comportamenti sono molteplici, ma, tra questi, un peso fondamentale lo ha l’elaborazione che la persona fa del messaggio ricevuto. Facciamo chiarezza!
Innanzitutto dobbiamo partire dal presupposto che i costanti messaggi che ci esortano a rimanere nelle nostre abitazioni sono messaggi con finalità persuasive e la loro capacità di indurre una modificazione degli atteggiamenti delle persone dipende da quanto essi vengano elaborati sistematicamente o, in parole più semplici, con attenzione. Questo accade solamente quando le persone hanno la motivazione e le capacità per farlo. Cosa significa tutto questo?
Significa che le persone per modificare il loro comportamento devono essere motivate a farlo e questo accade solo se il contenuto del messaggio è rilevante ai fini di un obiettivo personale. Quando siamo consapevoli che il contenuto ci riguarda personalmente allora siamo motivati a prestare attenzione alla qualità delle argomentazioni poste. In questo caso diviene ovvio come l’obiettivo personale coincida con la propria sopravvivenza; quindi, a maggior ragione, ti verrà da esclamare: “Proprio perché c’è in ballo la salute di tutti mi chiedo come mai non siano in grado di rispettare delle semplice regole!”
La ragione è che la motivazione non è sufficiente perché, in tutto questo, intervengono altri fattori come le capacità di elaborazione, di analisi e di riflessione sul contenuto. Contrariamente a quanto immaginiamo, le nostre risorse mentali sono molto limitate e questo non ci permette di comprendere ed elaborare tutte le informazioni disponibili. Ciò è particolarmente evidente in questo periodo, in cui siamo costantemente bombardati da notizie, aggiornamenti, articoli, pareri di esperti, confronti sul tema, consigli da seguire, norme da tenere, fake news… Informazioni numerose e spesso contrastanti che creano un quadro confuso all’interno del quale è difficile orientarsi e che costituiscono una mole di nozioni che nessuno di noi può elaborare sistematicamente.
Tutto questo però, non è ancora sufficiente per spiegare i comportamenti che spesso abbiamo osservato e criticato in questi giorni. Infatti, c’è un ultimo elemento che influisce in maniera decisiva sulla modificazione di un atteggiamento: le emozioni e, in particolare, l’ansia e la paura.
Se un messaggio non provoca ansia, significa che non è riuscito a toccare un bisogno personale come può essere quello di proteggere se stesso e gli altri. È il caso a cui accennavamo prima, delle persone che continuano a fare attività all’aperto, che passeggiano in città senza alcuna reale necessità, che si recano a trovare la ragazza nel paese vicino e vanno a fare escursioni in montagna nei weekend violando apertamente le disposizioni governative. Queste persone non hanno percepito il rischio alla propria salute e questo spiega l’assenza di paura e la mancata motivazione a rivedere le proprie abitudini. Il messaggio è ignorato in quanto personalmente irrilevante; in altre parole, il contenuto che non riesce ad arrivare è che “questo può accadere anche a voi”.
Solo la giusta intensità di ansia, identificabile in quella che comunemente chiamiamo “preoccupazione” può attivare un obiettivo come questo e motivare di conseguenza a prestare attenzione e a mettere in atto comportamenti utili a gestire l’emergenza. Infatti, anche un’ansia eccessiva può condurre a esiti negativi. Perché?
Quando la persona percepisce una minaccia incombente tende a mettere in atto un atteggiamento prudenziale (better safe than sorry) volto a prevenire o a sottrarsi alla minaccia stessa. La persona è portata a non sottovalutare per nessun motivo il pericolo. Tanto più intensa è la minaccia percepita, tanto più intensa sarà la reazione emotiva e il desiderio di evitare il pericolo a ogni costo. Il ragionamento della persona viene completamento orientato all’ipotesi di pericolo, ovvero al contagio, alla quarantena e alla catastrofe. Nella mente della persona iniziano ad alternarsi scenari catastrofici fatti di malattia, isolamento e scarsità di cibo; le azioni divengono congruenti con essi e finalizzate alla prevenzione e all’evitamento di quanto temuto. In questo contesto, prendono senso i comportamenti osservati recentemente di fuga dalle zone rosse, di risse e assembramenti ai supermercati di persone che, nel tentativo di proteggersi da una minaccia percepita, mettono (più o meno) inconsapevolmente in atto condotte che rendono più probabile il contagio temuto.
23 marzo 2020
Bibliografia:
Mancini, F., Gangemi, A., & Johnson-Laird, P. N. (2007). Il ruolo del ragionamento nella psicopatologia secondo la hyper emotion theory. Giornale italiano di psicologia, 34(4), 763-794.
Smith, E.R., & Mackie, D.M. (2004). Psicologia sociale. Bologna: Zanichelli.